Libro fai-da-te?

di Manuel Semprini

Autori alle prime armi, desiderate ardentemente vedere il vostro nome risplendere sulla copertina di un libro?
La tipografia costa troppo? Gli editori vi snobbano?
Ebbene, la rivoluzione digitale è oramai acquisita anche nell’editoria, prima con le tecnologie del print-on-demand, che consentono di stampare anche una sola copia di un contenuto digitale (romanzo, agenda, ricettario, album fotografico, etc.) e poi con portali come Lulu.com (in italiano dal marzo 2007) e ilmiolibro.it (creatura nata a maggio di quest’anno), che hanno diffuso – con qualche differenza – la possibilità del self-publishing (ovvero dell’autopubblicazione).
Ti iscrivi al sito, invii il tuo file digitale, scegli il formato, la copertina, la carta e la rilegatura e voilà il libro è pronto per essere stampato a pochi euro. Nel caso di Lulu.com l’acquisto è facoltativo, mentre è obbligatorio per ilmiolibro.it. In entrambi i casi, comunque, può essere messo subito in vetrina perché altri utenti possano comprarlo e, soprattutto, recensirlo.
A quel punto, ai lettori l’ardua sentenza.
Un fenomeno marginale? Non direi visto che ilmiolibro.it, in poco più di sette mesi, ha raccolto una cosa come 23 mila utenti, quasi 3000 titoli e più di 2000 autori. E Lulu.com è stata fondata nel 2002 da Robert “Bob” Young, ex co-fondatore di Red Hat, collezionando milioni di utenti in 80 paesi.
Tutto bello, semplice, veloce, eppure… Eppure qualche dubbio rimane.
Pur essendo vero che la vendita di un libro sottosta al vaglio di altri utenti e che, quindi, la sua fortuna dipende dai giudizi di pari o non dalle promozioni di pochi, occorre ricordare che stampare non equivale a pubblicare. Un libro stampato che non viene diffuso adeguatamente, è un libro morto, invisibile, di nicchia.
Come ammette lo stesso Robert Young in un’intervista (fonte): «Noi non venderemo mai un Harry Potter, non venderemo mai milioni di copie di un solo titolo. Il nostro business è esattamente l’opposto: milioni di autori che vendono qualche centinaio di copie».
E tuttavia, in Lulu.com è possibile acquistare un codice ISBN per poter vendere il proprio libro nelle librerie affiliate al portale, in ilmiolibro.it nascono eventi che coinvolgono, per esempio, la Scuola Holden per premiare fuori dal circuito web un esordiente o il migliore incipit inviato al sito.
Insomma, dietro al paravento della “rivoluzione” digitale ci sono diverse strategie per far sì che uno scritto abbia una ricaduta nella realtà. Una realtà in cui vive e prospera l’editoria, più o meno monopolista, più o meno classica, che si prefigge di rendere pubblica un’opera letteraria. Si tratta di un’operazione, non semplice e non sempre trasparente, che implica un investimento su un autore (editing, promozione pubblicitaria, etc.) allo scopo di un ritorno in termini di vendite. È forse una strada che può apparire datata ed elitaria, ma non neghiamo la verità: essere scelti da una casa editrice per una pubblicazione è pur sempre motivo di orgoglio e di gioia per un povero scrittore neanche tanto emergente. Il suo ego artistico viene abbondantemente gratificato.
Tuttavia, ricordiamoci il rovescio della medaglia: coloro i quali vengono brutalmente rifiutati…

– Le hanno respinto un manoscritto, vero?
– Per la sesta volta.
– Sempre lo stesso?
Fa di nuovo sì con la testa, che finalmente solleva dalla mia spalla. Poi, con un lento cenno del capo:
– Se sapesse quanto l’ho rimaneggiato, ormai lo conosco a memoria.
– Lei come si chiama?
Mi ha detto il suo nome e ho subito rivisto la faccia ilare della regina Zabo che commentava il manoscritto in questione: “Uno che scrive frasi come ‘Pietà! singhiozzò all’indietro‘, o che crede di fare dell’umorismo chiamando Farfouillettes le Galeries Lafayette, e ci riprova per ben sei volte, imperturbabile, per sei anni, di che razza di malattia prenatale soffre uno così, Malaussène? Me lo dica lei”.
(Daniel Pennac, La prosivendola, Feltrinelli Editore, 1990)

Per tutti questi c’è sempre Lulu.com o ilmiolibro.it…