La cultura uccisa dalle scimmie del web: i blogger visti da Andrew Keen

di Manuel Semprini

Dilettanti.comA distanza di due anni dalla pubblicazione in America del saggio di Andrew Keen, The Cult of the Amateur. How Today’s Internet is Killing Our Culture, esce in questi giorni per De Agostini la traduzione italiana dal titolo Dilettanti.com (pp. 288, 15 euro) e molto probabilmente ci si deve aspettare una nuova ondata di discussioni e polemiche nella blogosfera italiana, marginalmente toccata all’epoca rispetto a quella di lingua inglese.

Andrew Keen, per sua stessa affermazione, è stato “un pioniere nella prima corsa all’oro di Internet”, con una discreta carriera nella Silicon Valley iniziata con la fondazione nel 1995 di Audiocafe.com, uno dei primi siti di musica digitale.
La sua metamorfosi da “credente” a “scettico” del web avviene dopo la partecipazione ad un FOO (Friends Of O’Reilly) Camp, una serie di incontri esclusivi promossi da Tim O’Reilly, celebre editore informatico ed evangelista delle nuove tecnologie, a Sebastopoli nel settembre del 2004.
Durante i due giorni di campeggio, in cui non si parla d’altro che del prossimo a venire Web 2.0 e della sua innovativa portata “democratizzante” (offrendo a tutti la possibilità di creare e condividere i media, le informazioni, la conoscenza e gli stessi autori), Keen viene sopraffatto dalla nausea di fronte alla visione che gli si prospetta, quella di un futuro in cui i fruitori di Internet sarebbero diventati dei “nobili dilettanti”, che non avrebbero semplicemente ascoltato Bob Dylan o Bach, ma avrebbero prodotto loro stessi musica e altri contenuti, finendo col trasformare l’arte in cacofonia.

Dopo aver assistito per anni “con costernazione” alla crescita di quello che in generale viene definito il Web 2.0, ossia l’insieme di tutte quelle applicazioni esclusivamente online che permettono alle informazioni di essere indipendenti dal sito o dalla persona che le produce e consentono uno spiccato livello di interazione sito-utente (blog, forum, chat, sistemi quali Wikipedia, YouTube, Facebook, MySpace, Gmail, WordPress, etc.), Keen decide di rompere il silenzio e di pubblicare nel 2007 un pamphlet critico, in cui porta avanti provocatoriamente alcune considerazioni contro la “grande seduzione” del nuovo Internet: la promessa di portare più verità a più persone, una maggiore profondità di informazione, una prospettiva più globale, un’opinione più obiettiva da osservatori spassionati.

Secondo l’autore americano il Web 2.0 sviluppa solo osservazioni superficiali del mondo che ci circonda, trasformando le informazioni in un vero e proprio rumore composto da centinaia di milioni di blogger che non fanno altro che parlare di se stessi simultaneamente. Ma il danno più grosso arrecato dai contenuti prodotti autonomamente dagli utenti di Internet è quello di abbassare il livello della cultura: critici, giornalisti, editori, musicisti, registi e tutti gli esperti competenti che forniscono contenuti culturali professionali sono stati scalzati da blogger dilettanti, da semplici scribacchini, da registi fatti in casa, da artisti improvvisati.
In un mondo dove i blogger possono scrivere liberamente, sotto pseudonimo o in via del tutto anonima, i loro post dilettanteschi, e nessuno ne verifica le credenziali o valuta il loro materiale, i media sono vulnerabili nei confronti di contenuti inaffidabili o tendenziosi.

Questa è la tesi principale di Keen, che non si limita a tratteggiare i blogger come le scimmie del famoso teorema attribuito a Thomas Henry Huxley (per cui se ad un numero infinito di scimmie si fornisse un numero infinito di macchine da scrivere, quasi sicuramente alcune di loro produrrebbero dei capolavori letterari), ma rincara la dose attaccando la falsa democrazia di strumenti quali YouTube, Wikipedia e MySpace. Citando 1984 di George Orwell, giunge persino ad individuare nei motori di ricerca come Google un moderno e minaccioso Grande Fratello “celato nell’ombra”, perché i motori di ricerca sanno più cose sulle nostre abitudini, sui nostri interessi e desideri dei nostri amici, dei nostri amati e dei nostri strizzacervelli messi insieme.

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